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GDPR e privacy: cos’è cambiato con la pandemia?

“Essere compliance alle normative privacy è un vantaggio competitivo da non lasciarsi sfuggire.”

Da Microteam | 30 Marzo 2023

Il 32% dei partecipanti alla ricerca di OpenText e 3Gem ha dichiarato di non fidarsi più come un tempo di come vengono gestiti i propri dati.

Il 51% è disposto a pagare di più per avere la certezza che i propri dati vengano tenuti al sicuro.

In questo articolo scopriremo gli effetti della pandemia sui comportamenti dei consumatori in relazione alla propria privacy, come il sentimento di insicurezza che emerge anche da altri studi sia una costante che non può essere ignorata.

Le aziende non devono vedere gli obblighi imposti dalle normative sulla privacy come un compito sgradito per non prendere una multa dal Garante, ma come uno strumento di marketing e un punto di forza del proprio business.

 

Come ha cambiato il comportamento dei consumatori la pandemia?

La pandemia, lo sappiamo, ci ha obbligati a svolgere online tante attività che prima ci trovavamo a fare offline come il semplice recarci al lavoro. Invece che cambiare 3 metro o percorrere 20 km in macchina per arrivare in ufficio, ci siamo trovati a dover installare la nostra postazione al tavolo da pranzo piuttosto che in salotto.

Le ricordiamo quelle riunioni in smart working in cui non si sapeva se la persona davanti a noi stesse indossando i pantaloni del pigiama sotto il tavolo…

A parte questo, queste stesse chiamate da remoto ci hanno permesso di rapportarci allo stesso modo con i clienti a 30 minuti di distanza da noi, dai quali prima ci saremmo recati personalmente, con dei nuovi clienti che potenzialmente prima sarebbero stati fuori dal nostro target geografico, stando semplicemente seduti alla nostra scrivania.

In questo articolo però, non vogliamo elencare i pro e contro portati dalla pandemia in generale, ma quello che vogliamo analizzare è come sono cambiati i comportamenti dei consumatori rispetto alla propria privacy ora che è finita.

A questa domanda ha risposto la ricerca di OpenText, azienda leader di soluzioni e software di Enterprise Information Management, condotta da 3Gem, basata sulle risposte di ben 27000 consumatori, di cui 2000 italiani.

I Paesi che hanno partecipato al sondaggio sono: Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Spagna, Francia, Australia, Canada, Singapore, India, Brasile e Giappone.

Ora vediamo qualche dato importante che è emerso dallo studio.

 

I risultati più significativi dello studio sulla privacy

La tendenza generale è che gli Italiani, sempre più informati in tema privacy, dall’inizio della pandemia stanno diventando via via più diffidenti riguardo al modo in cui le aziende gestiscono e proteggono i dati personali.

Il 32% ha dichiarato infatti di non fidarsi più come un tempo di come vengono gestiti i propri dati.

Il 49% pone la propria fiducia su certe aziende più che in altre e il 51% sarebbe disposto a pagare di più per avere la certezza che i propri dati siano al sicuro.

1 italiano su 3 rinuncerebbe ai servizi di un’azienda in favore di un’altra se questa subisse furti di dati o se ne abusasse per delle finalità a cui non hanno dato il consenso.

Questo sentimento è confermato anche da Cisco nel suo annuale Consumer Privacy Survey basato su altre 2800 persone:

  • Il 76% non comprerebbe da un’azienda di cui non si fida riguardo al rispetto della privacy;
  • L’81% ritiene che il modo in cui le aziende trattano i dati è indicativo di come vengono considerati come clienti;
  • Il 43% non è sicuro di essere in grado di proteggere i propri dati;
  • Per il 79% il motivo di principale insicurezza è il fatto che non sappiano esattamente cosa facciano le aziende con i dati raccolti;
  • Il 27% dei partecipanti Italiani al sondaggio ha dichiarato di aver cambiato fornitore per proteggere la propria privacy.

Per consultare i risultati completi dello studio consigliamo la lettura di questo nostro altro articolo.

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